Per la casuale avventura del mio personale destino mi è
capitato di frequentare una infinità di arti e mestieri, dal manovale al
conciatore di pellami, dal decoratore di piastrelle ai territori della grafica e
della comunicazione, i mestieri del gioco, del sociale e delle relazioni e
ancora altro senza appartenere davvero a nessuno di questi. In equilibrio precario
sui confini di tanti mondi diversi capita di essere attratti da ciò che come me
e meglio di me cerca di contaminare un
territorio con un altro. Questo il fatto. Una storia semplice: una persona
nasce e diventa grande; ne incontra un’altra e insieme hanno un bambino che
cresce e lascia la loro casa; e poi ancora una delle due persone muore e alla
fine anche l’altra. Il titolo è “Life” (Vita) e in fondo potrebbe essere la
storia delle storie. Ma la sfida dell’autore di questa storia Philipp Meyer (di
cui sono sommamente invidioso), designer
danese, è stata di raccontarla attraverso
un fumetto accessibile a chiunque. Una storia tattile, ma non nel senso che le
immagini sono tradotte in volumi da toccare, nel senso che nasce per essere
raccontata attraverso “emozioni” da percepire con il tatto. Ho letto avidamente
come ha realizzato il suo lavoro su http://www.hallo.pm/life/
approssimativamente tradotto dagli automatismi di google… accidenti a me, di
tante avventure ed arti quella delle lingue straniere non è mai riuscita ad appassionarmi.
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